martedì 31 marzo 2020

Le scuole, la digitalizzazione forzata e le solite lezioni

Le scuole, causa la chiusura fisica, sono state "invitate" dal Ministero a usare strumenti di didattica a distanza. Ovviamente qualcuno va in giro a dire che si sta facendo grande opera di digitalizzazione, ma in realtà si sta facendo grande confusione.

La storia, per quanto abbia potuto ricostruire, è semplice e drammatica allo stesso tempo. A fronte dell'emergenza, sono stati identificati degli strumenti per la didattica a distanza e gli istituti sono stati invitati ad usarli. Questo senza che fossero elaborate delle istruzioni per i docenti e i genitori (il solito "armiamoci (male) e partite"), fossero fatte delle analisi per aiutare i docenti a scegliere gli strumenti e delle analisi sulla privacy.

Il Garante ha detto la sua solo il 30 marzo:
- https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9302778.

Molte famiglie si sono ritrovate con la necessità di mettere a disposizione dei figli degli strumenti informatici (so di alcune classi che fanno ore di lezione, ma so anche di famiglie che di digitale hanno solo i cellulari dei genitori che, ahiloro, in questi giorni devono comunque uscire per lavorare, oppure famiglie che hanno due figli, ma non due tablet o pc per far seguire le lezioni online ai due figli se in contemporanea). E chi ha i figli alle elementari ha dovuto registrarli ai sistemi, capire come funzionano e supportarli nel loro utilizzo. Quando, fino a ieri, le comunicazioni arrivavano solo via WhatsApp. Ma tutto questo non è sembrato di interesse a qualcuno, ma avrà come conseguenza che al rientro alcuni saranno allineati, altri saranno indietro e di solita l'arretratezza si accompagna a difficoltà già pregresse.

Ma parliamo anche degli strumenti.

Io ho avuto modo di usare Weschool e Edmodo.

Weschool non capisco perché sia indicato come strumento didattico. Sembra più una piattaforma per scambiarsi messaggi. Ma i software usati per le BBS negli anni Novanta erano meglio: almeno visualizzavano una bandierina sulle discussioni per cui c'erano messaggi da leggere. Weschool non fa questo e, oltra alla "board" non ha altre funzionalità. Quindi... bisogna riguardare tutte le discussioni e vedere se ci sono risposte, se le maestre hanno messo dei commenti e così via. Una a una.

Edmodo è un po' meglio perché, oltre a funzionalità "tipo Facebook", permette agli insegnanti di dare i compiti e farli visualizzare in una sezione apposta, ma solo se sono attivati come "eventi". Le risposte delle insegnanti sono notificate insieme a "tutto il resto" (e chi usa Facebook si può immaginare) e, nella versione per tablet, non è possibile nascondere le notifiche già approfondite.

Insomma: nulla che un uso attento dell'email o di WhatsApp non avrebbe permesso.

Ferruccio Militello, che fa il DPO per alcune scuole, mi conferma che alcune scuole superiori erano già avanti nel processo, ma altre no e hanno dovuto iniziare "in corsa" l'uso di questi strumenti, senza però che i dirigenti scolastici e gli insegnanti abbiano mai ricevuto formazione in materia (e non parliamo della privacy).

Aggiunge Ferruccio (e io appoggio il suo punto di vista): "Vale la pena sottolineare, a mio modo di vedere, che con uno staff importante e strutturato il MIUR avrebbe dovuto pensarci piuttosto che lasciare iniziativa ai singoli".

Io sarei brutale e direi che siamo di fronte alla solita cretinata di voler imporre tecnologia senza farsi domande.

A questo aggiungiamo il caso di Zoom: si è dimostrato che condivide i dati con Facebook (e molti istituti suggeriscono questo strumento per tenere le lezioni):
- https://www.repubblica.it/tecnologia/sicurezza/2020/03/27/news/zoom_l_app_per_videoconferenze_condivide_i_dati_con_facebook-252458567/.

Poi dicono di aver risolto, ma la questione fa rabbrividire:
https://www.repubblica.it/tecnologia/sicurezza/2020/03/29/news/privacy_zoom_ripara_la_falla_di_sicurezza_non_eravamo_a_conoscenza_dei_dati_raccolti_da_f
acebook_-252611458/.

Poi certamente è bello pensare che ci sono strumenti gratuiti da usare, ma si sa che non sono veramente gratuito in quanto pagati con i dati. E qui si parla di dati di minorenni.

C'è anche la solidarietà digitale (https://solidarietadigitale.agid.gov.it), ma questo è un altro argomento su cui dovrei riflettere molto di più: come sono stati selezionati, perché tanti offrono servizi basati sui soliti OTT (Google, Amazon, Facebook, Apple) e perché anche in questo non si sia approfittato per promuovere una digitalizzazione reale.

Nessun commento:

Posta un commento