Sempre sul BCM (il post numero 2 è su http://blog.cesaregallotti.it/2011/05/un-contributo-su-business-continuity-e.html).
Dante Verona mi fa notare quanto segue.
"Ho un modo  diverso di argomentare il mio punto di vista, ed è quello che considero più  concreto ed efficace ed è in linea con standard BS25999.
Il  BS25999-2:2007, al punto 4.1.1.2.c, dice: "The organization shall: establish the  maximum tolerable period of disruption for each activity by  identifing:....."
E, richiamando la definizione di Maximum Tolerable  Period of Disruption presente nello standard stesso, troviamo: "duration after  which an organization's viability will be irrevocably threatend if product and  service delivery cannot be resumed"
Quindi io escluderei i piccoli  incidenti se con piccoli intendiamo quelli che non minacciano la sopravvivenza  della organizzazione. E il motivo di ciò per me è molto concreto. Confinare gli  scenari BCM è una questione di successo del programma stesso."
Io credo  che Dante parli della "parte di BCM per grandi eventi". Per i piccoli incidenti  c'è invece il "BCM per piccoli eventi" (dove la gestione degli incidenti è  regolamentata da SLA basati anche sul termine di urgenza, proprio per evitare  che un "normale incidente" diventi grande). Fanno parte tutti e due del BCM, ma  sono affrontati con metodi e tecniche distinte. In fase di analisi si  individuano cosa fa parte dell'una e dell'altra e poi vengono affrontati  distintamente per garantire il successo del programma (applicando la corretta  filosofia del problem solving che prevede di dividere un problema in  sotto-problemi più facilmente risolvibili).
 
 
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