giovedì 18 maggio 2017

Hacking dei robot industriali

Questa notizia dal titolo "Così i robot industriali possono essere hackerati" mi aveva interessato prima ancora di Wannacry (infatti viene da un Tweet di @carolafrediani del 4 maggio):
http://www.lastampa.it/2017/05/04/tecnologia/news/cos-i-robot-industriali-possono-essere-hackerati-87LOt65ts9mYBhM6dKqIxL/pagina.html.

L'autore pone già la domanda chiave: perché si dovrebbe collegare un impianto industriale a Internet? La risposta sembra ovvia, ma in realtà non considera i problemi che dovrebbero bilanciare tanta innovazione.

Sappiamo bene i rischi dei macchinari industriali, solitamente legati all'aspettativa di vita molto più lunga dei normali PC (e quindi sempre maggiori difficoltà ad essere aggiornati), a cui aggiungere una ancora bassa competenza in materia di sicurezza, la necessità di non avere fermi (e quindi di aggiornarli il più raramente possibile), eccetera.

Dall'articolo non si ricavano notizie su come i produttori di macchine industriali prevedono di migliorare la sicurezza di quanto offrono. E ancora una volta temo che il problema sia legato a competenze e avidità (o, più elegantemente, time-to-market), per cui o non hanno idee o non ne vogliono avere.

Eppure il materiale per studiare il problema c'è e si chiama IEC 62443 e NIST 800-82. Non sono letture emozionanti, ma sono utili. Da queste norme si ricava anche il principio importante per cui le macchine industriali non sono come i giocattoli dei bambini: sono pericolose, non devono essere costantemente aggiornate, non dovrebbero essere esposte su Internet, non dovrebbero neanche essere accessibili da reti esterne.

Oltre a ciò in Italia abbiamo gli incentivi di Industria 4.0, senza che si chiedano dei livelli di sicurezza, nonostante conosciamo da anni il problema (ma, da quello che leggo, temo che i consiglieri dei governi presente e passati non se lo pongano).

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