Lo confesso... non ce l'ho fatta e ho risposto su LinkedIn a questo articolo dal titolo "Tutelare la privacy sui luoghi di lavoro ai tempi del coronavirus: ecco come":
- https://www.cybersecurity360.it/news/tutelare-la-privacy-sui-luoghi-di-lavoro-ai-tempi-del-coronavirus-ecco-come/.
Purtroppo ho risposto malamente anche ad uno come Luca Bolognini, da cui dovrei solo imparare.E però volevo avere un'occasione per allegare la foto che segue. Non
riesco a risalire all'autore, ma spero accetti questa diffusione.
Comunque... come descritto dall'articolo, alcune aziende mandano questionari ai dipendenti, collaboratori e visitatori per chiedere se sono stati in Cina o Codogno o se sentono i sintomi del corona virus. Alcuni consulenti privacy si chiedono quanto tempo conservare questi dati e come fare l'informativa.
La risposta è già nella domanda: il trattamento è completamente inutile e proprio per questo non è possibile stabilire i tempi di conservazione dei dati e come fare l'informativa.
Una risposta più tecnica è che, per il principio di minimizzazione, meglio sarebbe non raccogliere proprio i questionari, visto che ci sono strade alternative. Ossia informare bene le persone e dire loro cosa devono fare. Fare un bello schema, magari ispirandosi alle FAQ del Ministero della salute: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=228.
Viene da chiedersi come possa essere venuto in mente alle aziende di raccogliere i dati per proteggere il proprio personale. Infatti saprebbero interpretare le risposte? Se uno dice di essere stato a Codogno, sanno cosa fare? E allora perché chiederlo a tutti e non dire semplicemente cosa devono fare quelli che sono stati a Codogno? E poi, come interpretare i sintomi?
Purtroppo alcuni pensano di fare la cosa "giusta" (e soprattutto coprirsi le spalle) inviando questionari e raccogliendo dati, senza chiedersi cosa farsene veramente e senza fare reale informazione. La burocrazia inutile, purtroppo, sembra sempre una buona soluzione, ma non lo è.
Alcuni si sono lamentati perché il Garante non si pronuncia. Ma il Garante non è competente per dire cosa fare in caso di emergenza in sanità. Quindi non sa dire se è necessario per le aziende raccogliere i dati delle persone (visitatori e dipendenti e simili) per tutelare le aziende. Quindi: prima l'autorità competente (Ministero della salute? Protezione civile? non lo so perché su questo sono assolutamente impreparato) deve dire quali misure intraprendere, poi (o consultanto preventivamente) il Garante dirà la sua nel caso in cui queste misure includano il trattamento dei dati personali.
Se consultato preventivamente, immagino chiederà (come dovremmo fare noi consulenti privacy) se è proprio necessario raccogliere i dati personali o non ci sono altre strade per ottenere gli stessi (o forse migliori) risultati.
PS: qualcuno mi ha detto che dovrei essere meno "massimalista". Sono comunque pronto a sapere se ci sono eccezioni da cosiderare (ossia aziende che devono necessariamente raccogliere dati personali per il corona virus e non possono seguire strade alternative).
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