lunedì 21 aprile 2014

Delle definizioni di rischio (approfondimento)

Dopo il mio post "Delle definizioni di rischio"
(http://blog.cesaregallotti.it/2014/04/delle-definizioni-di-rischio.html),
Andrea Veneziani di Data Management mi ha proposto un approfondimento che
riporto di seguito (e lo ringrazio).

La definizione di rischio in seno al D. Lgs. 81/2008 può essere interpretato
come "probabilità che si verifichino degli eventi per cui si hanno dei danni
consistenti". In realtà si dovrebbe togliere la parola "consistenti" a meno
che non si voglia semplicemente dire "tangibili" ed in qualche modo
"misurabili" e non come si dovrebbe intendere "di notevole entità",
"ragguardevoli", "ricchi".

Infatti col D. Lgs. 81/2008 il focus è sulla salute e sicurezza dei
lavoratori per cui il rischio e soprattutto il concetto di "danno" è legato
alla salute misurabile in giorni di malattia o infortunio, che poi possono
essere quantificati in punti di invalidità. Il caso peggiore (caso morte)
non lo voglio contemplare, ma anche questo è configurabile come "misurabile"
secondo parametri assicurativi.

In buona sostanza anche un giorno di assenza dal lavoro per infortunio
causato potrebbe essere considerato un danno "consistente" ed andrebbe
contemplato, anche se fino a 20 gg. non è punibile penalmente. Si eccettuano
pertanto solo le piccole ferite guaribili senza grossi interventi da parte
di medici. Colgo l'occasione per citare che eventuali lesioni personali
colpose sopra i 20 gg. di calendario (causate da una non corretta
valutazione del rischio e azioni per ridurlo da parte del datore di lavoro)
potrebbero essere punibili con la reclusione fino a tre mesi….

In conclusione il "danno accettabile" spesso si riduce a "taglietti
provocati dalla carta" per i rischi da ufficio, mentre tutto il resto ahimè
andrebbe considerato come "consistente".

Da qui la differenza "logica" che deriva tra una definizione ISO del
concetto di rischio e quella data dal D. Lgs. 81/08. In quest'ultimo caso
l'asticella è tenuta ben focalizzata sui danni (anche minimi) anziché sulle
semplici valutazioni di accettabilità del rischio.

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