giovedì 24 settembre 2015

ISO 9001 e "risk thinking"


Con la nuova ISO 9001, si richiede di identificare e "affrontare" i rischi, senza però fornire ulteriori dettagli.

Ho avuto l'occasione di raccogliere alcune indicazioni da Nicola Gigante, rappresentante italiano presso il ISO/TC176/SC2/WG24 (ossia il gruppo che ha elaborato la ISO 9001:2015), basate sulle indicazioni fornite da ISO e maturate nel corso della scrittura della norma stessa.

Si premette che la norma non richiede esplicitamente di documentare i rischi e le opportunità individuate; in altre parole, non è richiesto che le organizzazioni predispongano un'analisi dei rischi, ma che lo sviluppo, mantenimento e valutazione del sistema di gestione sia orientato da un approccio che metta la valutazione dei rischi al primo posto.

La norma non impone alcun approccio strutturato per affrontare rischi e opportunità: saranno le organizzazioni a decidere, con il rischio (!) che vi possa essere una generale banalizzazione del requisito.

Tuttavia va considerato che, come spesso accade a causa della natura "sistemica" della norma, anche in questo caso esiste una "circolarità": in altri termini, stabilire, da parte dell'organizzazione, con quale livello di approfondimento debba essere affrontata la gestione del rischio è essa stessa una operazione "risk-based", come tale soggetta a giustificazione e a valutazione di efficacia. Questo dovrebbe essere il primo effetto di un corretto orientamento al rischio.

In generale, organizzazioni semplici, di piccole dimensioni, con tecnologie consolidate e caratterizzate da un contesto stabile, non avranno effettivamente bisogno di strumenti sofisticati per mettere in pratica il "risk-based thinking". In tali realtà potrebbe essere sufficiente "lavorare" sugli atteggiamenti mentali di ciascuno, affinché ogni decisione - a livello strategico, tattico, e operativo - sia determinata da una sia pure intuitiva valutazione della concatenazione dei possibili eventi.

Nelle organizzazioni più grandi e complesse, invece, l'approccio al rischio dovrà verosimilmente essere di tipo più strutturato e potrebbe comportare la messa in atto di metodi, infrastrutture e competenze mirate. In caso contrario, cioè in presenza di un approccio riduttivo al tema del rischio, l'auditor chiederà ragione di ciò all'organizzazione, che dovrà fornire spiegazioni convincenti (cioè oggettivamente sostenibili).

In ogni caso l'efficacia dell'approccio dovrà essere dimostrata dall'organizzazione (vedere per esempio, al riguardo, il p.to 9.3.2 e, relativo al riesame di Direzione) e all'auditor spetterà valutare l'adeguatezza delle dimostrazioni (anche se rappresentate solo da argomentazioni).

E' evidente che questo "gioco" è possibile se vi sono competenze adeguate da entrambe le parti (organizzazione e auditor).

Mio (di Cesare Gallotti) parere personale: forse qualche indicazione in più sarebbe stata utile. Ora correremo il rischio (!) di vedere auditor imporre valutazioni del rischio molto dettagliate, altri accontentarsi di un'analisi SWOT generale e poi chissà che altro, con il risultato che le aziende, ancora una volta, non capiranno le motivazioni della ISO 9001, non ne coglieranno i benefici e, anzi, la rifiuteranno ancora di più.

Infine: ringrazio Nicola per avermi consentito la pubblicazione.

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